Infernal Magic & Metaflusso

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Kyrios
view post Posted on 20/11/2009, 14:42




CITAZIONE
Infernal Magic: Kyr può utilizzare qualsiasi magia anche del nemico a patto che sia magica e non fisica, al max 2 a ogni evocazione della runa. Per un massimo di 3 Volte. Supporto runa

Ho ridotto le potenzialità della tecnica quindi dovrei avere un po’ di righe in meno, la posso usare al max 3 molte la tecnica invece che infinite volte.

Con la quest non prendo nessun tipo di oggetto, ne soldi, ma apprendo una tecnica di razza

CITAZIONE
Metaflusso: Kyrios attraverso un marchio, attiva il metaflusso, tecnica di razza che prevede la formazione di una a quattro ali fantasma percorse da scosse nere. Hanno il potere di aumentare la velocità del ragazzo del 50%. Questa tecnica può essere utilizzata in contemporanea alle altre abilità di razza.

Il sole splendeva sulle arse montagne del sud che si estendevano per centinaia di miglia; erano vette imperiose, dove nessuno aveva mai messo piede. Erano così alte eppure non erano innevate. Il sole scaldava più la sopra che non all’Assiah. Saranno 30°C oggi ma il sole per me non è un problema, ho sempre vissuto su terre arse dove neppure qualche Dio si sognava di stare.
Eppure quelle vette mi spaventavano.
L’allenamento fisico e la conoscenza in quell’ era e in quel mondo erano assai utili, per questo decisi di affrontare le montagne e di apprendere qualcosa che nessuno ha mai voluto fare. Volevo provare le brezza della morte, di un qualcosa di indefinito, dove regnava la solitudine e la pazzia di quel luogo così ostico. Non era soltanto una sfida di livello naturale ma bensì di livello intellettuale, l’idea di andare contro alla leggi della natura mi affascinava.
Quel giorno l’Assiah brulicava di nullafacenti, gente che si spostava avanti e indietro per quegli enormi corridoi, tanto grandi che perfino un tir ci sarebbe passato senza problemi.
Le folla non sminuiva, passavo attraverso ad essa, tutti mi guardavano portandomi rispetto e abbassando il capo al mio passaggio, per via del mio livello altissimo di combattimento e per via della carica che mi avevano affidato. Quei gesti, mi lasciavano sempre perplesso, chi ero io per meritarmi tutto quello? La risposta proveniva dall’interno di me:”Nessuno”.
Esatto io ero un guerriero come tanti altri, forse ero li da più tempo, ma non ero diverso da tanti altri. Camminavo senza nessuno che intersecasse la mia traiettoria, non mi sentivo a mio agio.
Al mio passaggio si formavano due colonne di persone, una alla mia destra e una alla mia sinistra.Io le guardavo ma senza speranza di vederle in faccia. Provai a fare un sorriso ad una ragazza, ma non vide neppure il mio cenno visto che il suo capo era abbassato.
A me non piaceva tutto ciò che succedeva da parecchi mesi a sta parte, era noioso non avere nessun contato con le persone che mi circondavano. Sembravo un Dio:ciò che non ero e ciò che non vorrei mai voluto essere! Arrivai alla stanza del supremo, aprii le porte delicatamente e mi trovai davanti due persone, o meglio tre: una guardia Alter era nascosta dietro ad una colonna. La sentivo per via della sua aura, diversa da noi discendenti degli angeli. Noi è un termine sbagliato, loro sono discendenti da angeli bianchi io no. Sentii anche odor di sangue, quell’altra figura era Shuda, ecco perché c’era una guardia alter tra le palle.
Il ragazzo alter nascosto dietro la colonna si diresse verso di me. Molto probabilmente voleva sentire se portavo delle armi con me. Io e la mia spada non ci separavamo mai, e non volevo neppure che qualcuno la estraesse per me. Iniziò a toccare tutte le tasche, ma quando senti l’impugnatura della spada, l’ afferrò. Brutta mossa dissi. Con una gomitata gli tolsi la mano dalla spada, tutti sapevano della mia forza ma lui evidentemente no, era spavaldo ma non era sveglio. Si fece aggressivo e cerco di attaccarmi con un pugno. Glielo concessi. Mi prese in pieno volto, ma non mi fece nulla, era spaventato ora,ed era quello che volevo, estrassi la spada e gliela feci osservare, gli dissi quali erano i pregi della spada.
Gli persi il braccio e con un colpo secco glielo spezzai. Sentivo le sue urla, ma non me ne fregava nulla, poteva stare fermo, Shuda rise. Poi lo sentii che diceva di ammazzarlo, non esitai, misi la spada in mano dalla parte della lama al soldato alter, evidentemente non aveva sentito le parole del vice supremo alter, impugna la sua spada posta sotto al mantello, lungo il fianco destro, la estrassi e impugnai la mia e con uno strattone secco gli portai via la mano. Il pavimento era coperto da un fiume di sangue che scorreva, sotto i miei piedi. Presi una boccetta e la riempii con il sangue dell’uomo, lo lanciai a Shuda dicendogli “fresco,fresco appena munto”. Per non far soffrire molto l’uomo, gli segai via la testa. Il vice alter stava bevendo ciò che gli avevo dato dopo di che si alzo e con un sonoro battito di mani mi ringraziò e se ne andò salutando il mio di supremo.

-Ciao Skull sono venuto a dirti che andrò via per qualche giorno, perché devo ritrovare la forma fisica e intellettuale di un tempo, non starò via tanto, almeno spero! Se serve una mano sarò a sud, mandami un tuo angioletto patetico e digli che hai bisogno ed io arriverò,intesi?.. Allora ti saluto!-

Mi diressi fuori dall’alloggio del supremo lux, la folla non si era sminuita anzi era aumentata e non di quel poco. Mi sforzai di salutare i miei allievi ma come sempre il rimorso e la paura gli facevano abbassare la testa. Inutile provarci, ma tanto era sempre la solita storia. Oltre tutto dopo quello che era successo in sala prima, domani avranno ancora più paura di me quindi niente da fare.
Mi concentrai, sul silenzio che mi circondava, tracciai una runa speciale, capace di assorbire tutti i dispiaceri e le angosce. Mi sentii subito meglio, aprii il libro delle rune e trovai quella che faceva al caso mio: me la tracciai, improvvisamente fui circondato da delle scintille bluastre e un lampo. Mi trovai sulla guglia più alta dell’assiah. La runa del teletrasporto. Quei visi, quella gente che invece di chiedere protezione, chiede di non terrorizzarla, perché tutti mi avevano visto, tutti sapevano che le mie ali non erano bianche ma nere, ero un mietitore di anime. Mi sentii invaso da un desiderio di estrema solitudine, il vociare della gente si sentiva anche fuori.
Era scuro ormai, solo i colori del tramonto rischiaravano ancora l’orizzonte. La in fondo c’erano delle nuvole, bellissime rosa. Dalle mie spalle spuntarono un paio di magnifiche ali nere, possenti in grado di portarmi fuori da questo mondo e farmi vivere le più belle picchiate esistenti, diedi un colpo di ali, quel tanto che mi serviva per sollevarmi da per terra, mi lasciai cadere giù dalla torre. Chiusi le ali in maniera aerodinamica, acquistai velocità e a pochi metri dal suolo le riaprii, come se fosse un paracadute. Ripresi quota, mi piaceva volare in solitudine, mi dava un senso di libertà di vita, la voglia di estraniarmi dal mondo.
Scrutai le stelle, erano tante e tutte emanavano un colore e un’intensità luminosa diversa, sembravano delle piccole sfere colorate. Le vedevo perché stavo volando sopra le nuvole, o per lo meno quei piccoli ammassi di vapore acque presenti nel cielo, faceva freddo, un freddo pungente, ma non lo sentivo visto che ero assorto nei miei pensieri, passai a girare tutta la notte così. Alle prime luci dell’alba mi presentai davanti al monte che si trovava a sud dell’assiah.
Era gigantesco, imponente, ma allo stesso tempo era solo un microbo riferito alla forza del sole.
Già di prima mattina la temperatura sfiorava i 40°li, era già brutto così ma non importava. Mi misi al sole, inginocchiandomi davanti al sole, iniziai la fase di concentrazione, incrociai le gambe e mi misi a riflettere, sulla mia vita e su tutto quello che mi era successo fino ad ora, i combattimenti, gli amici, le mie pseudo alleanze a lo simpatizzare per gli alter, quello che avevo fatto al soldato, quello che mi disse Shuda, a tutte quelle persone in corridoio. La rabbia, mi divorava il fegato, avevo voglia di combattere e di esprimere con un’abilità speciale la mia rabbia.
Ero entrato in una specie di trans, un’aura maligna si evidenziò, aprii gli occhi erano rossi sangue, non mi riconoscevo più, la mia energia si era decuplicata, ero invincibile, o mi sentivo invincibile, ma non era affatto così, all’interno di me ero nudo e debole. Ritornai in me stesso, piansi.
Il pianto era una di quelle forme di aiuto estremo per far passare le tensioni. Pensai anche a chi mi ha sempre aiutato, a chi mi aiuta, chi mi ha fatto crescere, chi mi ha allenato, ma soprattutto chi mi ha accolto nella dimora lux quando ero indifeso. Ora invece sono forte, ma con delle brutte immagini che vagano nella mia testa, i miei genitori uccisi, il mio maestro che mi insegnava la magia Deimos, gli uccisori dei miei, quell’aura nera non sminuì, ma anzi si amplificò a tal punto che mi sollevai da per terra,sotto di me si creò una voragine parecchio profonda. Io non esistevo più la mia vita si era mutata a tal punto che le emozioni si erano trasformate e non sentivo nulla, neppure il dolore era intenso come una volta, se mi tagliavo lo sentivo, la ferita bruciava, invece ora la mia pelle neppure si scalfisce e se succede neppure lo sento. Iniziai così ad amplificare i sensi, c’era bisogno di maggior controllo di me stesso, dovevo sentire rumori impercettibili, vedere al livello microbico le cose, sentire odori delicati, poco percettibile. Devo ancora migliorare molto.
Ero veloce, ma non abbastanza, dovevo raggiungere i livelli di Shuda, forza magica e fisica, intelligenza ne avevo ed ero molto bravo con le armi. In alcuni parametri ero molto forte, in altri ero abbastanza forte, dovevo migliorare quei caratteri particolarmente bassi. La voglia di migliorare c’era ma si doveva trovare il giusto equilibrio delle parti. L’aura nera a poco a poco si sostituiva con un aura più candida, il mio cervello non era più tormentato da fantasmi del passato ma bensì era alimentato nella speranza di tutto ciò che potrebbe venire in seguito. Mi sforzai di dire a me stesso che tutto sarebbe andato da li in avanti in meglio, ma ora c’era bisogno dell’allenamento con spade e arti marziali.
Mi alzai in piedi, ero cosciente che la mia situazione non era ottimale, mi dovevo allenare. Estrassi la spada e con fermezza iniziai ad agitarla, era veloce e al contatto con l’aria dell’atmosfera sibilava. L’aria veniva tagliata, come fosse la lama di un macellaio nel punto di sfilettare la carne. La lama al sole assumeva determinati colori in base dell’angolo di rifrazione della luce, era bellissima.
Essa emanava colori nella fascia del visibile, rosso,giallo, ma anche blu, si vedeva era speciale e unica. Era talmente lucida che mi rispecchiavo, la mia immagine riflessa mi faceva pensare e mi interrogavo su chi fossi realmente. Ero un angelo, su questo non ci pioveva, ma ciò che più significava era al mio interno, chi ero? Ero un giustiziere o un paladino. Ero un animale pronto ad attaccare la preda oppure un uomo che cercava giustizia od ero solo un bambino a cui avevano strappato un infanzia?
Tante domande ma poche risposte, tutto si concentrava all’interno della mia testa, ero assillato dalle solite cose, non ce la facevo più, sempre uguale, non mi sarei mai tolto quel peso, quella voglia di ricominciare una nuova vita senza i fantasmi del passato. Il sole batteva, anche i sassi risentivano del calore, io no. Un leggera brezza si alzò, un arietta talmente piacevole da farmi venire il pelle d’oca. Sembrai rinascere intellettualmente, ma fisicamente ero io, sempre lo stesso. Era difficile accettare la dura realtà dei fatti, ero orfano ma non per questo dovevo abbattermi, gli altri non dovevano provare pietà. Lo sentivo il peso di chi mi aveva allenato all’Assiah, tutti mi credevano solo ma e lo ero in principio ma mi feci degli amici.
Mi impegnai molto, tutti i giorni ero impegnato in ore e ore di allenamento forzato, evidentemente dentro di me c’era assopito un potere grandissimo, il supremo lux lo capì prima degli altri. Mi allenò, in quel periodo la scuola era appena stata creata, dopo poco ero già tra i più forti, ma questo era un dato relativo, a me non è mai stato un interesse diventare il più forte, l’unico mio obbiettivo era di difendere chi mi aveva dato la possibilità di diventare quel che ero. Nel frattempo ebbi l’occasione di conoscere alcuni soggetti degli altri casati, in primis Shuda, me lo ritrovai tra i piedi al momento di valutare un nuovo arrivato, aveva un’aria fiera, si vedeva era molto più forte di me, ma non lo diede mai a vedere, ora siamo buoni amici, ci fermiamo spesso a parlare, anche se è un nemico giurato dei lux.
All’interno della fortezza non ho mai usato il termine nemico, neppure nei combattimenti, erano avversario, ma non mai nemici. Per noi è tutto un gioco, chi ci ha dato la formazione ci ha sempre insegnato che la vita è importante ma l’amicizia di più. Per l’alter io dare la vita. A quel tempo tanti mi volevanto sfidare, per esempio Sangan a quel tempo era supremo degli Shadow, un avversario molto temibile, ma da quel combattimento ne uscii bene. Avevo imparato che alcuni possedevano dei fedeli compagni, li chiamavano Esper. Tutto fa esperienza, ma non tutti hanno il coraggio di evocare quelle bestie mitiche, infatti è da tanto che qualcuno non evoca una di esse. Pochi di noi ne possiedono uno, Skull, Sangan,Sai, Lienne e Fedeowl.
Col tempo diventai captano lux, mi fu dato il compito di allenare le nuove reclute inesperte, non fui molto bravo come maestro ma in qualche modo ma la cavai. Le reclute crescevano e io no, mi senti inferiore e lascia quel compito.
Iniziai ad allenarmi. Non capivo perché la mia spada non feriva più come una volta, era inutile, stavo invecchiando pensai. Non era così nella soglia dei vent’anni non poteva essere. Allora ripresi con i combattimenti, ho avuto tre scontri con Cloud, due li vinsi ma al terzo fui quasi espulso, mi ero comportato in modo ingiusto con il mio avversario e lui se ne andò.
Dopo qualche mese fui riaccettato all’interno della fortezza per continuare gli allenamenti, nel frattempo ero cresciuto ancora, ero più forte di prima, ma avevo acquisito l’arte di uccidere, ciò che non si poteva e che non si può ancora oggi fare all’interno dell’Assiah. Successivamente ebbi modo di scusarmi con l’intera fortezza di ciò che successe mesi prima e fui invitato a duellare con il supremo stesso dei Lux Skull ancora oggi uno dei più forti e più in forma. Fu uno dei duelli più belli che feci, mi divertii molto, perché lui e d’altro canto anch’io eravamo amici, il legame tra insegnante e allievo è sempre molto forte e forse indissolubile.
Bei pensieri, bei momenti, agitai ancora la spada come se fosse un’elica, un altro sibilo, mi mossi velocemente come se fosse l’aria il mio diretto avversario.
Mi spostavo a destra, poi a sinistra, fintai due volte e attaccai con un fendente veloce, quasi intimidatorio, mi abbassai come per schivare un colpo. Feci un salto mortale all’indietro, una delle migliori tattiche per spostarsi velocemente, ma pericoloso perché nel momento della torsione all’indietro non si riesce a vedere ciò che l’avversario fa, mi attacca o no. In quel momento ci fu un forte colpo di vento che mi fece sbalzare via, l’esperienza non era mai troppa, caddi in piedi ma ero leggermente frastornato, se l’avversario fosse stato reale avrei perso un fendente nel sedere. Mi fermai di nuovo a pensare accarezzato da quell’intramontabile arietta.
Mi soffermai, sul momento dell’arrivo in fortezza di Shirou, forse il più dotato dopo il mio arrivo in casato lux. Lui a differenza mia, non è mai andato per il sottile, se si impegnava, lo faceva con tutto se stesso, era un mostro con la spada e con l’arco. Dopo quella valutazione fui chiamato dal supremo, voleva che ricoprissi un nuovo incarico, molto più importante di quello del capitano: vice supremo. Prima di me era di Basch, un giorno se ne andò dall’assiah e non ritornò più quindi ai lux mancava una figura portante della gerarchia.
Fui designato io a ricoprire quel incarico. Un difficile lavoro ma nei mesi passati nella fortezza avevo acquisito molta forza e molta fama. Quest’ultima non mi fece cambiare, non me ne frega e non me ne fregava, abusare del potere che mi era stato consegnato era un oltraggio e basta, mi comportavo come qualsiasi altro soldato. Non volevo andare nell’occhio, ma mi furono assegnate parecchie missioni, iniziai a fare soldi a palate, intanto la fama precedeva la mia parola, non era bello, era frustrante. Non volevo che succedesse ma fu immediato. Volevo evitare tutto ciò ma non feci nulla per farlo, mi rinchiusi in me stesso e non riuscii più ad alzare la testa. Ero solo, non capivo più chi fossi diventato…
Negavo l’evidenza, ero come una mappa senza meta. Poco dopo, mi ritrovai immerso nello studio, le rune erano sempre state la mia passione. Ce n’erano di diversi tipi: di difesa, d’attacco, quelle che possono aprire forzieri speciali, quelle di trasporto e di teletrasporto, quelle d’assorbimento e rilascio di sentimenti, quelle guaritrici, insomma chi ne ha più ne metta. A quel punto della mia esistenza capii che potevo fare del bene, un modo di sfruttare il tempo in modo utile per gli altri e molto fine a se stesso.
Quei pensieri mi stancarono. Trovai una sporgenza, mi misi sotto di essa in modo da ripararmi dal sole cocente che ormai aveva toccato i 50°C. Assurdo, per essere oltre i 4000metri la temperatura era infernale, ti prosciugava la mente e le forze. Avevo portato qualcosa da mangiare, erano ancora freschi, il termos aveva fatto il suo dovere. Bevvi ma con il dovuto contegno, l’allenamento era appena iniziato e non si sapeva quando sarebbe finito. Guardai il sole e decifrai un orario, saranno stare le diciassette. La stessa si trovava a pochi “passi” dall’orizzonte. Fra un po’ sarebbe andata a riposare anche lei. Arrivò la sera, era molto freddo anche se durante il giorno era assai caldo.
Quella notte sognai, ero felice, tutti mi trattavano come una persona normale, risi, raccontai la mia vita a parecchi di loro ma dopo un po’ tutto ritornò come prima. Mi alzai di colpo, ero sudato ed esterrefatto. Allora mi alzai, produssi un fire ed una sancta e li unì. Non esplosero, servivano a dare calore e luce alla notte. Riestrassi la spada. Con movimenti veloci e sicuri scheggiavo gli spuntoni che uscivano dal terreno, le schegge schizzavano come proiettili, una mi tagliò. Un rivolo di sangue mi scese giù dal braccio, ma continua l’allenamento. Rinfoderai la spada e mi misi a far allenamento a mani nude. I miei pugni sfrecciavano un quell’aria fredda della montagna riscaldata dalla mia magia.
Presi uno spuntone con la mano, me la bucai, il dolore era lancinante, ma non importava, il male psicologico era più forte e più insistente di qualunque altro male fisico. Tira un calcio alla sporgenza che mi aveva ferito la mano la ruppi, ma un taglio profondo si evidenziò sulla mia pelle, ero in vena di distruggere il mio fisico, magari da esso sarebbe uscito un altro Kyr.
Per curarmi mi ci vollero un paio di ore e altre due per togliermi le schegge entrate in profondità. Era doloroso. Nel frattempo il sole stava per sorgere. Dissolsi le magie che mi avevano accompagnato nel mio allenamento notturno. Ebbi un’altra idea: produssi un blizzard in modo che umidificasse l’ambiente e che abbassasse di una decina i gradi sulla vetta. Non era eterno, ne avrei creato un altro più tardi. Ero riposato dopo la cura, mi esercitai con le rune disegnandomi la runa protect su di un braccio. Presi un pezzo del monte e lo lanciai per aria in modo che mi ricadesse in testa. La runa sentì che non avevo intenzione di contrattaccare l’enorme masso quindi si attivò da sola. Si formo una specie di barriera magica, che smaterializzò la pietra e la materializzò più in la dove non c’ero. Era una runa molto utile, non si attivava a mio comando ma nelle situazioni dove il pericolo era massimo. Dopo provai una runa particolare, una runa di teletrasporto, al primo tentativo fallii ma al secondo rividi le scosse blu ed il lampo e mi teletrasportai appena più in la. Quello che vidi era un enorme onda d’urto che frantumava rocce ma io sentii solo del vento, che avrò fatto in fortezza che mi sono teletrasportato, speriamo bene.
Utilizzai anche la runa più forte, la teradomolition, mostruosamente forte, non l’avevo ancora utilizzata, non la feci apparire sul mio monte ma a qualche miglio. L’esplosione fu assurda, un cataclisma. Il terreno tremò, un terremoto? No soltanto la tecnica di un guerriero, l’avranno sentito persino in fortezza. I sassi si dimenavano e una luce fortissima invase quella porzione occupata da me. Mi fece venire freddo, non l’avevo mai vista, è era una tecnica da distruzione di massa, tremenda da fronteggiare. Avevo il braccio tutto bruciato, erano le conseguenza delle runa da fare sulla pelle. Bruciavano le cellule cutanee per via dell’utilizzo dell’energia dell’essere evocatore. Di fatti non tutti possono controllare o farsi rune, di per se chi non può si trasforma in un qualcosa di non ben definito, un mostro con fisico umano martoriato dalle rune. Noi invece sappiamo utilizzare lenza che si rivoltino contro al possessore. Comunque anche per noi farne troppe significherebbe bruciature continue e pericolose.
Anche quel giorno finì, ero stanco di quel monte ma non ero venuto per lamentarmi ero venuto per apprendere, la conoscenza dell’arte della riflessione associata all’arte del combattimento. Piano piano si fece sera, sciolsi il blizzard e rievocai il sole artificiale, in modo che mi tenesse caldo durante la notte. Aprii il libro delle rune e finchè mi curavo le bruciature di esse, lessi una runa particolare, in grado di dare sia la conoscenza immediata di magie mai viste per poi utilizzarle in battaglia, sarebbe da provare. Ma prima di tutto devo utilizzare il teletrasporto per tornare all’Assiah a prendere delle provviste, visto che avevo voglia di allenarmi ancora.
Fu così, mi riposai e mi disegna la runa del teletrasporto, ma non funzionò, evidentemente anch’essa funzionava in a caso di pericolo, chi lo sa. Dovevo fare in fretta ad apprendere, non avevo più cibo, solo acqua. Per qualche minuto ebbi paura, ma mi feci forza. Dovevo farcela, non era una cosa da nullità, dovevo resistere, dovevo aumentare il mio livello di sopravvivenza. Ci doveva pure essere qualcosa da mangiare negli intorni. Aprii le ali e andai a cercare, ero abbastanza stanco, erano ormai quattro giorni che ero li su quella montagna maledetta,capisco perché nessuno non è mai tornato. Evidentemente o c’è qualche pericolo a me ignaro oppure sono restati senza viveri. Sorvolai l’intera catena montuosa, non c’era anima viva, era tutto arso, sembra il deserto dell’Arizona, montuoso ma arso come tutte le altre distese di sabbia. Dovetti tornare a valle per trovare qualcosa da mettere sotto i denti.
Mangiai selvaggina, cos’altro visto che ero a parecchie miglia da un villaggio ed ero sperduto ai piedi delle montagne. Mi nutrii e mi rimisi in forze, presi della carne, la impacchettai con delle foglie verdi in modo che si proteggesse dalle impervie condizioni atmosferiche. Rispiegai le ali le mi diressi verso la montagna. Era ora di iniziare l’apprendimento di qualcosa di utile oltre che allenarsi con la spada e cercare risposte nel passato.
Era pomeriggio, faceva caldo, ma l’aria fresca dovuta alla velocità di volo mi faceva stare bene. Chiusi gli occhi, sembrava una vita che non volavo. Era fantastico sentire la brezza che ti scorreva lungo i capelli, lungo le piccole insenature del cappotto in pelle. Volavo qua e la, senza meta, non volevo tornare subito ad allenarmi, volevo trovare in questa nuova esperienza, una vena di divertimento, volevo sentire in me la libertà, la solitudine.
Ogni tanto qualche piccolo piacere si deve toglierselo, sennò che vita sarebbe: mi sono fatto quattro giorni di puro allenamento ed ora un po’ di svago non fa male. Chissà quante volte mi sono curato ferite, tagli, scottature, ma queste cose sono per i poppanti, l’onore di un guerriero è fatto per non essere infranto, l’onore di un uomo si invece. Ripresi l’allenamento ma questa volta ero sicuro di fare qualcosa di nuovo. Nel libro delle rune avevo letto di una che ti permette di evocare delle magie, mai imparate, mai viste, potrebbe essere utilissima, è il come che mi sfuggeva…
Più ci pensavo meno idee avevo, più ci pensavo meno sapevo come fare. Dice che si può utilizzare fino a due magie, ma di qualsiasi tipo, sia che non si conoscono che quelle che si conoscono. Prima di tutto dovevo imparare la formula o la lettera che mi avrebbe permesso di evocare la runa. Era una specie di lettera, o meglio due sormontate, una G e una R essa funziona se emana luce diceva il libro, iniziamo.
Evocai la Knowledge of runes, la magia che mi avrebbe permesso di maneggiare senza complicazioni l’alfabeto delle rune. Iniziai a disegnare con il dito. Non appariva nulla, mi innervosii. Lo provai sulla pelle delle mani, sulle braccia, sulle gambe, sulla pancia ma niente, la parola era giusta ma non nella posizione esatta. La non me la volevo fare!
Pensai e ripensai dov’era il mio errore, ma non lo trovai, se la scrittura era giusta, allora dov’era lo sbaglio? Ci dormii sopra ad un certo punto esausto di questa serie di riflessioni. Quando mi svegliai,capii il dove andava fatto: sul collo. Il collo è l’unico punto dove si incontra forza fisica e forza magica, meglio ancora è l’intersezione tra il cervello e i muscoli. Me la disegnai li, si illuminò, pazzesco era, l’avevo provata ovunque ma non era mai funzionata.
Il primo passo era stato compiuto, ora dovevo riuscire a progredire entrambe le magie. Ma come fare? Dovevo evocare due magie che non avevo mai visto, avevo bisogno di tempo. Dovevo capire il modo e il quando evocarle: esempio se per caso creavo una ultima e intanto creavo un clade, chi mi diceva che non sarebbero esplose? Avevo paura, ma se volevo imparare qualcosa di nuovo, la pratica è il migliore degli allenamenti. Iniziai il tutto, provando ad evocare due magie elementari di livello due, Fira e Blizzara. Di per se si sarebbero annullate con un esplosione, ma sicuramente non mi avrebbero fatto del male come un’ultima che ti esplode in faccia.
Si era fatto tardi, il sole era sceso lungo la linea dell’orizzonte, i colori accesi mi suscitava un bel sentimento di felicità. Andai a caccia. Quella sera mangia a dismisura per poi continuare l’allenamento il giorno successivo. Stetti li a riflettere come poteva funzionare una tecnica di quel calibro, tutto sommato finche applicavo una magia di livelli uno o due, non c’era alcun tipo di problema ma quando la applicavo ad una di livello più avanzato erano guai seri. Quella notte era così fresca, mi rilassa pochi minuti e caddi in un onno profondo. Stavo sognando, riconobbi la prima figura, ero io, ma l’altra…ero sempre io. Dopo pochi secondi mi resi conto che all’interno del sogno ero io e non una figura dell’inconscio che aveva solo il mio aspetto. Il “clone ” mi attaccò senza indugio, era forte quanto me, la mia spada si incrociò a lungo con la sua. Era un vero e proprio combattimento. Provai a ritornare nel mondo reale ma non c’era verso, dovevo stare li e batterlo. Mi attaccò con tutta la forza che aveva in corpo, era fortissimo, prima un fendente a destra mi colpi graffiandomi il braccio, poi successivamente uno a sinistra, faceva male. Capii che il mio corpo era inutile ma la mia anima stava in qualche modo combattendo con la mia parte malvagia.
Feci un leggero movimento di braccia e sul mio palmo si formo la magia energia. Mi curai quei piccoli tagli ed estrassi la mia spada per l’ennesima volta, contrattaccai, ma caddi a terra. La gravità era maggiore? No era la stanchezza dell’allenamento del giorno prima. Usai di nuovo energia e mi rimisi in sesto. Mi sentivo meglio, ero più in forze, provai ad attaccarlo con la spada, ma non riuscivo neppure ad avvicinarmi a lui, era troppo veloce, progredii la mia potenza con la trasformazione in angelo della morte, attraverso l’abilità di razza, Rituale maledetto. Ora il confronto era imminente. Le lame si incrociarono un paio di volte schegge della sua spada si sparpagliavano per il terreno di gioco, riuscii finalmente a sfiorarlo e a tagliarli un ciuffo. Inizio per la furia a scagliarmi addosso un’orda di magie, fire, idro,thunder, la mia runa protect si attivò appena in tempo per parare tutto quel pandemonio. Quelle magie quando di schiantavano sulla pellicola invisibile della protezione producevano delle vibrazioni dell’aria terrificanti. Finche lui non finiva l’attacco, la barriera, non si dissolveva. Sotto quel punto di vista era stupido ed era un clone, sembrava un’offesa rivolta al sottoscritto ma, non era cosi era tutto un brutto sogno, che un po’ alla volta sarebbe svanito senza lasciarne traccia. Se mi guardavo intorno, l’aria era reale, sentivo i miei capelli sparpagliarsi, erano come quei filamenti di erba che si muovevano, di qua e di la. In quel momento di staticismo, mi accorsi che l’erba era bagnata, o per lo meno era umida, evidentemente era appena piovuto, ma era un sogno od era realtà? Non lo sapevo per certo ma ero quasi sicuro che fosse un mondo parallelo, che non aveva niente a che vedere col nostro, a parte l’aria che respiravamo, alla terra che toccavamo e all’acqua che sentivamo. Erano particolari i colori degli alberi, sembrava fatto tutto al rovescio, dov’era bianco era nero, com’era possibile?
Vidi il clone riavvicinarsi a me, era pericoloso starci così vicino, aveva una mano dietro alla schiena, per fortuna vidi l’erba che si incendiava, evidentemente non si era neppure accorto lui della mia faccia. Allungò il braccio con il fire ma fui pronto a schivarlo, gli presi il braccio e stile judo, lo catapultai i terra e con un pestone secco di ruppi la spalla. Un sonoro grido si elevò dallo strano tipo. Si alzò in piedi dolorante, mi guardo e scoppiò in una fragorosa risata, non capivo che aveva da ridere. Pensai che fosse matto o sciocco, o era un suo piano per distrarmi oppure… usò energiga, una magia talmente potente che l’osso si riattaccò senza tante scuse, per ritrovarsi più in forze di prima. Non era giusto se fosse stato un clone, non avrebbe potuto avere certe magie. Era senza maglia, i suoi muscoli risplendevano a quel sole mezzo fasullo che riscaldava ma non si sapeva se fosse vero o falso, si girò di schiena e vidi un tatuaggio che a poco a poco stava scomparendo: una runa .
Non era possibile. Riusciva ad utilizzare ciò che io volevo apprendere, assurdo come fa. Il ragazzo si girò e disse:

-Io non sono te, son solo il tuo avversario…-

Con questo capii, era un modo di farmi capire il quando e il come si poteva utilizzare ma soprattutto apprendere quella runa. L’avversario estrasse la spada, corse verso di me con gran foga, non capiva che se mi attaccava in quel modo sarebbe solo stato uno svantaggio per lui? Estrassi le due spade, lo aspettai fino a che fosse a qualche metro da me, poi iniziai a muovermi. Mi sentii un macellaio, sembrava fosse il mio lavoro squartare l’avversario come un maiale portato al macello. La mia spada sfiorò la sua pelle, un leggero taglio si formo sulla cute dell’individuo, neppure un rivolo di sangue, iniziavo a pensare che fosse uno spirito, ma la certezza non era massima. Eppure sentiva il dolore, o almeno penso che lo senta.
Riprendemmo a combattere, le spada si incrociavano ad una velocità mai vista ancora una colta, perzzi della spada dell’avversario si staccavano formando scintille color giallo-bianco, che emanavano luce ed illuminavano il campo di battaglia con la stessa luce ed intermittenza di un temporale estivo pronto ad inzuppare la terra sotto di se. Le scintille quando toccavano il manto erboso, davano fuoco all’erba, non un falò, ma piccole righe incandescenti, che percorrevano la terra come delle serpentine, da esse si levava un odore caratteristico di materia organica, priva di zolfo bruciata. Non era un odore insopportabile, ma comunque non era quel profumo che volevo sentire.
Arrivò davanti a me, mi guardò, impugnò la spada e mi trafisse. Caddi, urlai, sentii la sua spada calda per via degli incroci con la mia, lacerarmi la carne, era un dolore insopportabile, una distrazione ed ecco qui il risultato. Dovevo fare qualcosa, stavo per morire, quel colpo mi aveva procurato un po’ di grattacapi, mi aveva bucato un polmone, il fegato e forse lesionato la colonna vertebrale, provai ad alzarmi ma le mie energie, dopo l’affondo, volarono via come uno stormo di rondini in viaggio per ritrovare il caldo che ogni anno cercano. Mi girai sul fianco, lo guardai, quasi implorandolo di uccidermi, si abbasso e sussurrandomi all’orecchio mi disse:

-Hai visto molto bene il simbolo che avevo dietro, mi sono accorto sai, sono due le cose, o impari la tecnica o schiatti lentamente in modo molto agonizzante, non so quale consigliarti, mi sembri molto masochista, comunque questo è un mondo parallelo del vostro, con nessuna entrata e nessuna uscita se non in modo così, direi fortuito o dopo aver compiuto la missione, o peggio dopo essere morto, scegli te il da farsi…-

Capii alla lettera quello che disse, il simbolo che aveva sulla schiena era particolare, ma volevo che l’evocazione della mia runa fosse, come dire unica, con nessun eguale. Attiva la magia che mi permetteva di toccare, scrivere e pronunciare le rune senza morire o farmi male. Il mio avversario era li che aspettava la mia morte, sembrava quasi un avvoltoio pronto ad assalire il mio cadavere dopo il decesso. Era seduto con la schiena appoggiata, su di un tronco, lo guardai, lui mi rispose con un sorriso maligno.
Presi il pennino speciale, e iniziai a disegnare qualcosa di non ben definito..

-Cinque ore solo cinque, dopo di esse la morte ti farà visita e Caronte reclamerà la tua anima per portarla all’inferno- disse.

Aveva ragione non avevo molto tempo, quel poco che rimaneva dovevo concentrarmi ed estraniare il dolore, l’unico problema è che da me sgorgavo litri e litri sangue, quindi tentai di mettermi una mano sul buco provocato dalla spada dell’avversario e curami. Non ce la feci, ma sentii un mano afferrare la mia, era così fredda, quasi come fosse un cadavere, non era neppure sudata, come se non avesse ma fatto fatica, ma chi era sto guardiano? Cos’era forse un dio, o soltanto un ologramma inventato dal mio cervello ormai in fin di vita? Non lo sapevo, tutto stava scomparendo, tutto attorno a me stava morendo, il mio sguardo era lucido e la mia vista opaca, se non mi davo una mossa, la mia vita sarebbe finita, da cenere siamo nati e cenere torneremo alla morte.

-Quattro ore, solo quattro ore, dopo di esse la morte ti farà visita e Caronte reclamerà la tua anima per portarla all’inferno- disse di nuovo.

Aveva ragione, dovevo muovermi, non era una passeggiata però. Mi sentivo troppo stanco per produrre una magia di guarigione, poi l’energia…non era quel tipo di tecnica che mi sarebbe bastata per sopravvivere, forse poteva darmi solo qualche minuto in più, ma con tutti quegli organi compromessi, non avevo più niente da temere. La morte prima o poi mi avrebbe fatto visita. Ansimavo, ma tanto nessuno poteva sentirmi, ero abbandonato al mio destino, cercai di ricordare lo strano segno tatuato sulla schiena di quel finto me, un cuore e.. non ricordavo cosa. Forse una stella, era una figura che conoscevo bene ma cosa?

-Ci sono.. un pentacolo e per di più sono sovrapposti.-

Evocai la magia per le rune, apparse dal nulla il pennino, iniziai a tracciare il simbolo sulla terra arsa di quel strano posto, il disegno era quasi riuscito, ma era tutto ondulato, volevo provarlo lo stesso, ma chi lo sa se avrebbe funzionato. Toccai il simbolo con la punta del pennino magico per attivarlo, il simbolo rispose bene all’inizio, divenne rosso fuoco, ma non riuscivo a controllarlo, o meglio non sapevo cosa avevo prodotto. Da esso uscì una sfera di colore nero, era bellissima, era un metaflusso fantastico, era serpeggiata da scosse nere, forse maligne, l’energia era fortissima. Volevo creare una runa di tipo magico invece avevo creato qualcosa di strano, emanava un’energia spaziale, non di questo ne di qualsiasi altro pianeta, qualcosa di terribilmente strano.
Alzai una mano, non avevo più paura di morire, avevo solo paura che una forza così si disperdesse. Il mio dito la toccò, o meglio la oltrepassò, l’energia si smaterializzò dalla sua forma normale e iniziò a percorrere il mio dito, ebbi paura. A quel punto ci fu una violenta esplosione, vidi quel flusso insediarsi dentro di me, le ali mi rispuntarono, ma diverse, l’ala bianca non si fece vedere ma al contrario possedevo quattro ali: le due classiche ali nere e due ali fantasma, la mia aura cambiò divento un’aura sfumata nera e argentea, forse avevo liberato un nuovo potere che si celava dentro a quel simbolo. La ferita era secca, il mio avversario si alzò da dove era seduto, si muoveva ad una velocità infima, al rallentatore, cos’era successo? Ritornai normale e quel simbolo mi apparse sulla schiena, era una situazione particolare, senza precedenti. Volevo provare a trasformare in quell’angelo fantasma.. -Metaflusso!-
Il mio corpo si levò da per terra, sentii il calore del fuoco sulla schiena e subito dopo il gelo delle ombre, tutto si oscurò, c’ero io ed il vuoto, il mio avversario era scomparso, la stessa sfera di poco fa si materializzò, avevo imparato una tecnica in più, sbagliando s’impara come recita il detto! Ma questa volta pensavo di morire, pensavo che mi esplodesse addosso invece è finita che mi ha parzialmente guarito o per lo meno bloccato il sangue e mi aumentava la mia velocità forse del 50%. Ora volevo provare la fusione, altre due ali si formarono e un altro simbolo di formò sulla spalla sinistra, il pentagramma simbolo del rituale maledetto. Sembrano delle rune ma non lo erano, erano veri e propri marchi. Presi il volo, ero velocissimo ma dolorante, dovevo progredire quella runa sennò avrei perso la nuova trasformazione, la nuova runa e la vita, non sarebbe stato molto divertente.

-Molto astuto, sei riuscito ad ottenere il potere di questo pianeta, è da centinaia di anni che proviamo ad acquisirlo ma nessuno non c’è mai riuscito, i miei complimenti, ti devo uccidere adesso, prima ti curi poi ti uccido, comunque ha guadagnato soltanto 1 ora, se non sei morto ti ammazzerò io- disse ancora una volta l’uomo.

Le due ali fantasma si chiusero e sparirono lasciando spazio solo alle ali nere, riprodussi il pennino e disegna il vero simbolo, un pentacolo sormontato da un cuore, era un simbolo stupendo. Lo toccai con il pennino per attivarlo, lanciò un lampo strepitoso e resto li senza dar cenno di utilizzo. Presi l’iniziativa misi la mano sopra al cuore e la magia firaga si alzò dalla terra con la sua maestosità. L’immagine si era rotta, il cuore era sparito, restava il pentacolo. Ci appoggiai la mano destra ed improvvisamente apparve un’energiga, me la posai sul punto dove il mio avversario mi aveva colpito. Vidi che la ferita si rimarginava, intanto il segno della runa era sparita, ero tutto intero, non avevo più neppure un graffio.
Il simbolo del metaflusso iniziò a brillare, le ali fantasma riapparvero e la mia velocità aumento a dismisura, mi fiondai sull’uomo che mi aveva quasi mandato a bussare alla porta della morte, prima di tutto affondai la firaga al suo petto e poi con la spada lo divisi a metà, era finita con un successo a pieni voti. All’improvviso caddi in un profondo sonno e mi risveglia dov’ero prima, nel mondo reale. Mi accorsi di avere due simboli o meglio due marchi come se fossero due enormi cicatrici, quello sulla spalla si era spostato sulla schiena, a sinistra il simbolo del rituale oscuro, per divenire angelo con le ali nere e a destra il marchio del metaflusso, per divenire angelo con le ali fantasma..
Ritornai nel mondo reale, ero consapevole del potere acquisito, volevo ampiarlo. Quindi mi sedetti a riposarmi, ero molto stanco, ma sapevo di non avere finito. Dormii tutta notte. Al mattino, mi alzai di buon ora, magia qualcosa per rimettermi in forza, per via dell’avventura del giorno prima e iniziai l’allenamento. L’allenamento in esame consisteva nel acquisizione massima e il controllo del metaflusso. Questa tecnica è molto importante, in quanto mi permette di muovermi più veloce, quindi di scrutare meglio le mosse del mio avversario, schivare più facilmente gli attacchi e sferrare una quantità maggiori di colpi, ovviamente dopo l’amplificazione della velocità. La prima sessione di allenamento, era la concentrazione, quindi mi spostai in un piccolo spazio d’ombra, li i sassi sembravano di origini vulcaniche, era fresco. Mi sedetti e iniziai a concentrarmi, un’aura di alta intensità si formò, ma le ali non fuoriuscirono dalla schiena, ne quelle nere ne quelle fantasma. Restai li qualche minuto.
Dopo un po’ mi resi conto di essere pronto, dalla mia schiena si riformò quella palla di energia nera, anche oggi era percorsa da quelle scosse di energia oscura, non volevo attivarla, ne tanto meno toccarla, volevo controllarla. Quindi misi le mani con i palmi aperti intorno alla sfera. Dovevo stare attento a non toccarla. Se l’avessi fatto, la sfera si sarebbe smaterializzata e sarebbe stata assorbita dal mio corpo, ciò non volevo che avvenisse. Non era così semplice stargli lontano di qualche millimetro, ma dovevo farlo per compattare meglio la sfera. Inoltre dovevo renderla meno instabile, quindi attraverso le mie mani, iniziava a fluire energia magia, era forte ma non troppo. Ci riprovai, avevo voglia di capire, capire in che modo la si poteva utilizzare e fino a che limite. Essa era una forza misteriosa, emanava scintille appena gli passavo vicino, è come se fosse un parassita in cerca dell’ospite perfetto, quello non ero io. Dovevo cercare una mediazione tra essere divorato dalle ombre e convivere sfruttando le ombre. Non era per niente facile, anzi era assai complicato, infatti più mi avvicinavo alla sfera di energia, meno mediazione potevo avere. Non volevo assolutamente rinunciare ad un potere del genere celato in un mondo parallelo al nostro per migliaia di anni. Era stato una rinascita quando essa si fuse con me, ora devo solo capire come padroneggiarla.
Presi tutta la faccenda con calma, ero li per apprendere un’altra volta: ero venuto per un’altra tecnica e ritornerò a casa con un’altra sorpresa. Presentarsi all’assiah con un potere nuovo sarebbe stato fantastico, senza dubbio. Chissà le facce degli altri…mi viene da ridere già da ora. E’ meglio concentrarsi sulla tecnica. Sulla mia pelle si riformò lo stesso marchi di prima, da esso scaturì la sfera, era il processo inverso, non volevo attivarla ma bensì osservarla e successivamente provarla. Era spettacolare, era di una forza interna superlativa, si notavano dei raggi all’interno, evidentemente erano le spaccature per la trasformazione in ala, passava dal neo elettrizzato al viola scuro, uno colore che lasciava intendere l’abbandono. Dissolsi con calma la sfera e il marchio smise di emanare luce ma non sparì, ormai era impresso sulla mia pelle e non potevo più rifiutarlo. Mi trasformai in angelo con le ali nere, iniziai a correre, volare e distruggere a pugni delle piccole rocce, era tutto normale, la mia solita potenza, la solita monotonia che ormai ero costretto ad assorbire. Iniziai a volare più veloce, aumentando gradualmente la mia velocità ogni volta, il marcio non si attivava, anzi, neppure progrediva la sferetta di energia, stava buono buono li fino al momento che desideravo: l’attivazione. Passai il limite del della mia aura, il metaflusso era stato evocato, le ali nere si elettrificarono e diventarono opache, semitrasparenti. La mia velocità di volo era aumentata tanto che non riuscivo quasi a controllarla, ero una scheggia, impossibile da vedere, senti un botto, poi un altro, non capivo se mi stavano sparando o che altro, dopo capii. Avevo rotto la barriera del suono più di una volta. Vedevo sfrecciare la terra sotto di me alla velocità della luce, vedevo altre persone, muoversi lentissime, evidentemente avevo sviluppato una velocità tale che loro non mi vedevano ma io riuscivo a captare ogni movimento, ogni dettaglio del loro movimento, era straordinario. Una cosa sentii un calo sulle altre potenzialità, non ero ancora in grado di utilizzare contemporaneamente entrambe le tipologie di ali, rallentai la corsa ritornando al punto di partenza. Atterrai rompendo la pietra sotto di me con un frastuono tale che alcuni animaletti iniziarono a scappare in preda al panico.
Iniziai a provare a combinare entrambe le ali assieme, era complicato, c’è sempre qualcosa che non deve andare. Qui purtroppo era una questione semplice: combinare la velocità con la potenza. Non era una faccenda facile, anzi dovevo amministrare entrambe le forze con maestria, senza abusare del potere dell’uno e dell’altro. Mi concentra, nella mia mente affioravano immagini, sogni e antiche realtà. La storia della mia famiglia è raccontata in tutti i libri, nulla di aggiungere. Ricordi di quando ero piccolo, delle immagini indelebili, reali, mi vedevo. Sprofondai in una specie di sogno. Ero li con il mio maestro che cercavo di imparare a controllare le prime ali, ero un bambino, ma per essere un Killer ne avevo bisogno. Ero legato o meglio avevo le mani legate, in modo che non potessi fare gesti di evocazione o altro. Cambiai angolatura della visione, vidi il mio maestro, brandiva un bastone, immagino già perché! Cercavo di spezzare quelle corde, ma non capii che non erano funi normali ma magiche, non si potevano spezzare. Lui mi dice una cosa, una cosa che a tutti dicono e che tutti si dimenticano spesso e volentieri mi disse: sii te stesso impegnandoti al massimo e facendo sempre la cosa più giusta, non per te ma per gli altri… Vidi un luce forte, bianca, mi stava accecando. Mi trovai steso sulla roccia fredda e leggermente umida della penombra del monte. Avevo capito, ma anche avevo avuto un’idea stratosferica. Diventare già un arcangelo, dovevo preparare la strada, “sii sempre giusto con le scelte che fai”, ed io lo farò: mi concentrai al massimo dalla mia schiena uscirono due ali nere, maestose, ma non era quello il fine. Ma invece era quello di averne sei di ali. Volevo averne di più, ma le tecniche non progredivano, restavano quelle, ciò non mi faceva diventare più forte, volevo solo cambiare chi ero, non più un angelo ma diventare un Arcangelo della Morte. A un certo punto sentivo che stava succedendo qualcosa, davanti a me si materializzarono delle immagini quasi sfuocate, erano i miei predecessori che mi benedivano,fino a che senti la pelle lacerarsi, flotti di sangue sgorgavano da essa, chiusi gli occhi e varcai i limiti della mia forza rischiando la vita.
Stavo bene ero in una specie di pace interiore, dove il tempo non esisteva. C’era uno specchio, mi alzai e andai verso di esso, era nero come la pece. Usci un marchio, lo toccai e iniziò a brillare. Esso si posò quattro volte sulla mia pelle e da esso spuntarono quattro ali nere, la prima trasformazione era avvenuta…ritornai nel mondo reale. Sotto di me c’era un lago di sangue, ma non ero ferito, evidentemente mi avevano guarito, ma non succederà un'altra volta. Ora ero più maestoso sei ali nere, che bello! Ne smaterializzai tre di esse, la seconda la terza e la sesta. Ne possedevo tre. Era ora di utilizzare il metaflusso per le altre tre. La mia aura era più forte e più competitiva di prima, avevo attuato la trasformazione in angelo nero, quindi le mie statistiche erano salite. Caricai tutta l’energia dell’aura dentro di me, volevo creare un’esplosione in modo che le ali uscissero senza problemi. Al momento del rilascio chiamai la tecnica. Un esplosione violentissima avvenne, ero circondato dalla luce bianche ed intensa con quella di un’atomica. Quando ripresi a vedere il mondo e di conseguenza i colori dell’ambiente, mi trovai davanti un sole bellissimo e molto caldo, sotto di me si era creata una voragine, un cratere, il monte era sparito. Di ali ne avevo sei tre di un tipo e tre dell’altro, con le statistiche potenziate, era una fantastica sensazione…
Si era fatto tardi, era ora di rientrare all’Assiah, questa volta con le tasche piene.
Un’altra avventura era finita, chissà se in un futuro prossimo avrei ottenuto qualche altro tipo di ala particolare, era solo un piccolo passo per divenire ciò che si considera un arcangelo delle tenebre.

(Sono diventato arcangelo a sei ali ma non cambia niente sulle potenzialità o statistiche, mi serve per altre tecniche)

FINE
 
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Dark Squall
view post Posted on 24/11/2009, 21:06




tutte tue,davvero ottimo...una quest perfetta,tranne per qualche errore di battitura e qualche accento ciccio...nono...comunque,ricevi 27 exp,1300 guil e 250 ap + tecniche etc
 
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1 replies since 20/11/2009, 14:42   30 views
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